C'è una classifica in cui l'Italia è costantemente agli ultimi posti fra i paesi europei senza riuscire a migliorare. Una classifica che rispecchia non solo una drammatica arretratezza del nostro Paese, ma anche tutte le opportunità di crescita perdute, perché come noto colmare le diseguaglianze fra uomini e donne conviene e non poco in termini di PIL. Eppure l'Italia anche quest'anno non fa una bella figura nella lista stilata dal World Economic Forum sul gender gap, la disparità di genere. Siamo al 63esimo posto su 146 Paesi esaminati nel rapporto che analizza le distanze fra uomini e donne in diversi ambiti, dalla partecipazione economica al livello di istruzione, passando per la salute e la partecipazione politica. Come sempre gli stati da prendere a modello sono i nordici, l'Islanda si piastra per il tredicesimo anno consecutivo al primo posto, subito dopo Finlandia e Norvegia. Ma tra i primi 10 oltre alla Svezia e alla Nuova Zelanda c'è ad esempio anche Ruanda e la Germania che è decima. 15esima invece la Francia, 17esima la Spagna, meglio di noi fanno anche Uganda e Zambia e la situazione non migliora se andiamo a guardare le classifiche specifiche ad esempio sulla partecipazione economica e sulla salute, che include la violenza di genere, l'Italia va oltre la centesima posizione, fra i peggiori del mondo. Una situazione che si spera possa migliorare con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ma che certo non viene aiutata dall'inflazione e dalla crisi economica ed energetica legata al conflitto in Ucraina. D'altronde anche a livello globale il Covid ha già rallentato di almeno una generazione la possibilità di colmare questo gap, se prima del 2020 il World Economic Forum stimava che ci sarebbero voluti 100 anni per raggiungere la parità a livello mondiale, adesso invece la stima è di 132 anni.