Le conseguenze potrebbero essere gravissime e incontrollabili: questo è il monito lanciato da tutte le diplomazie europee e arabe a Washington, dopo la decisione della Casa Bianca di spostare l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme, terzo luogo sacro per i musulmani. Il presidente palestinese Abu Mazen ha telefonato al presidente russo Putin per informarlo delle minacce per la città di Gerusalemme: “occorre muoversi immediatamente – ha spiegato Abu Mazen – per proteggere Gerusalemme e i suoi santuari islamici e cristiani che sono esposti a rischi”. Coinvolto anche Papa Francesco, contattato telefonicamente sempre dal presidente palestinese, che teme un’escalation di violenza difficilmente gestibile. Per Hamas lo spostamento dell’ambasciata USA segnerà il superamento di ogni limite da parte degli USA. Il coro di no a Trump unisce Paesi arabi ed europei. Il re di Giordania, Abdallah, e il presidente egiziano Al-Sisi hanno espresso direttamente al presidente americano tutta la loro contrarietà. Per l’Arabia Saudita cambiare i diritti dei palestinesi sullo status di Gerusalemme porterà a un’esasperazione dei sentimenti dei musulmani e scatenerà la loro ira. Il premier turco Erdogan ha avvertito la Casa Bianca che l’eventuale riconoscimento di Gerusalemme capitale d’Israele è una linea rossa per i musulmani, e potrebbe portare alla rottura delle relazioni diplomatiche della Turchia con lo Stato ebraico. Preoccupazioni arrivano dall’Europa: Parigi e Berlino ribadiscono che l’unica strada da seguire per risolvere il nodo mediorientale è quella dei due Stati. “La questione dello status di Gerusalemme dovrà essere risolta nel quadro dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi”: queste le parole del presidente francese Macron. Forte perplessità è stata espressa anche dalla Farnesina, che sottolinea: “non si può retrocedere dalla soluzione a due Stati”.