Sono le ore delle accuse incrociate, dei retroscena, dei piani B. Lunedì sia l'unione della sinistra che la destra del Rassemblement National hanno depositato in Parlamento le proprie mozioni di sfiducia nei confronti del governo Barnier dopo che il primo ministro aveva posto la fiducia sulla legge di bilancio sul welfare. Le mozioni saranno studiate dall'Assemblea Nazionale a partire da mercoledì pomeriggio e servono i due terzi dei voti per costringere Michel Barnier alle dimissioni. Una soglia alla portata della sinistra e dell'estrema destra, se unite, come promettono di essere. I socialisti garantiscono che non cambieranno idea e accusano il governo di essersi fatto manovrare dalle richieste dell'estrema destra. Richieste sulla manovra in buona parte accettate dal primo ministro per evitare la sfiducia, a quanto pare però senza i risultati sperati. Prova, secondo le forze della maggioranza, che Marine Le Pen e i suoi mascherano con la questione di budget una volontà di fondo: seminare il caos e costringere Macron alle dimissioni. Se infatti con il passare delle ore si moltiplicano le opzioni sui possibili successori di Michel Barnier che avrebbero però lo stesso problema, una maggioranza ostaggio dell'astensione del Rassemblement National visto che non si può andare a nuove elezioni anticipate prima di luglio, l'ipotesi che l'effetto domino della crisi di governo metta in discussione persino l'Eliseo sembra meno distante. Emmanuel Macron, impegnato in una visita di stato in Arabia Saudita, da parte sua conserva il silenzio. Tutti attendono le dichiarazioni di Barnier questa sera, ospite della TV nazionale a partire dalle 20:00.