Ora è la corsa a “l’avevo detto”. In Gran Bretagna sono in pochi a non guardare con sussiego la premier Theresa May ogniqualvolta si presenta, puntualmente inadeguata, di fronte alle sfide dell’attualità. Come se fosse responsabile di ogni singola inefficienza, dal ritardo nei soccorsi all’incendio della Grenfell agli attacchi terroristici, alla sua linea politica che oscilla tra il decisionismo e il trattativismo a oltranza. In altre circostanze si potrebbe dire che qualcosa si è rotto ma nel suo caso più correttamente ci si dovrebbe domandare: c’è qualcosa di intero? Per onestà bisogna ammettere che non si è trovata in una situazione facile: gestire il pasticcio Brexit con un referendum promosso da un premier conservatore, David Cameron, e una gran fetta del suo partito chiaramente contraria all’esito della consultazione. Ha avuto come alleati il leader dell’UKIP, il controverso Nigel Farage, e poi una ondata funesta di disgrazie che avrebbero fiaccato leader politici ben più solidi e carismatici di lei. Altrettanto onestamente bisogna anche dire che Theresa May qualche problemino di comunicazione ce l’ha. Basti vedere la raggelante intervista alla BBC dove non si scompone di fronte alle pressanti domande del conduttore o alla sua scarsissima empatia di fronte alle vittime delle ultime tragedie. Si dirà che in fondo la Gran Bretagna è abituata alla glaciale Regina. Che dire poi di Margaret Thatcher? Non proprio una simpaticona. In entrambi i casi si tratta di donne di ferro dalle idee ben chiare. Theresa May invece dà l’idea di essere, sì, molto determinata ma per andare non si sa in quale direzione. E poi, diciamolo, con tutte le scusanti del caso non ne ha imbroccata una. Brexit dura, ha ribadito, nonostante la vittoria al referendum non sia stata schiacciante e i Tories avrebbero preferito maggior cautela. Ha indetto nuove elezioni e ha permesso la rinascita di un leader laburista come Corbyn che aveva fatto precipitare il partito ai minimi storici. Ha proposto come Governo un’alleanza tra gli unionisti irlandesi ultra cattolici e contrari ai matrimoni gay e i conservatori scozzesi, guidati da una donna sposata alla sua compagna. Con queste premesse è difficile non prevedere la disfatta ma almeno potremo dire che “ve l’avevamo detto”.