Pace sì, ma alle loro condizioni e per loro si intendono Mosca e Pechino. Primo viaggio all'estero di Putin dopo la quinta investitura da presidente russo e non poteva che essere per rendere omaggio al suo più stretto alleato: quello Xi Jinping che rappresenta sia la sua copertura politica internazionale che il cordone ombelicale della sua economia. Non a caso la guerra in Ucraina è stata al centro del colloquio tra i due leader che si sono detti entrambi favorevoli a una soluzione politica della crisi. Anzi hanno concordato sul fatto che bisogna evitare ad ogni costo un ulteriore escalation del conflitto: hanno dato indicazioni su quelle che dovrebbero essere le linee direttrici della politica mondiale delineando un nuovo equilibrio globale più giusto per usare le parole di Xi Jinping. Parole che sono state quelle esplicitate da Putin: un ordine mondiale multipolare più giusto e democratico che dovrebbe basarsi sul ruolo centrale delle Nazioni Unite del suo consiglio di sicurezza, sul diritto internazionale, sulla cultura e sulla civiltà. Però, dopo aver volato alto sui grandi temi della pace della geopolitica globale, la Russia ha siglato una serie di accordi commerciali che hanno rinvigorito quello che sembra di più un patto di sangue. Del resto la Cina è il partner che dall'invasione in Ucraina permette alla federazione di non soffocare sotto il peso delle sanzioni. Quindi, il conflitto in Ucraina deve trovare una soluzione negoziale e non c'è momento migliore per Mosca per sedersi al tavolo proprio mentre le sue truppe avanzano nell'Oblast di Kharkiv e hanno guadagnato 274 km quadrati di territorio ucraino in due settimane. D'altronde, una guerra di lunga durata con l'Occidente non è un buon viatico per gli affari e Pechino rischia le sanzioni qualora venisse dimostrato che non solo invia armi alla Russia ma fornisce anche sostegno economico allo sforzo bellico di Mosca. E le armi americane bloccate dal braccio di ferro al congresso USA, adesso stanno dirigendosi verso Kiev. Lo scenario potrebbe cambiare.