Lo stato ebraico sembrerebbe essere disposto, se non a rinunciare almeno a posporre, l'offensiva a Rafah, se come proposto dall'Egitto, Hamas dovesse liberare 33 ostaggi. I soli, secondo le intelligence israeliana e quella statunitense, ancora vivi dei 133 rapiti che si trovano ancora nelle mani del Movimento islamista palestinese e di altre fazioni radicali all'interno della striscia di Gaza. Suona come un ultimatum, e lo è. Se l'intesa non dovesse arrivare in tempi brevi o non arrivare affatto, l'esercito con la stella di David, che ha già schierato decine di carri armati e veicoli blindati vicino al valico di Kerem Shalom, entrerà nella parte più a sud di Gaza. L'operazione militare, fortemente temuta dalla comunità internazionale, preoccupa soprattutto l'Egitto, uno dei principali paesi mediatori che negli anni ha cementato il suo ruolo di garante della stabilità nella regione, che sta spingendo perché Israele ed Hamas arrivino al più presto a siglare un accordo, in modo tale da scongiurare, almeno per ora, che parte degli sfollati gazawi che si trovano a Rafah, lascino la striscia per trovare riparo nel Sinai, in territorio egiziano, così come hanno già fatto circa 100 mila palestinesi dal 7 ottobre. Intanto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan punta il dito contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu, definendolo un assassino. Il macellaio di Gaza.