Dopo giorni di silenzio dall'esilio a Mosca, in Russia, Bashar al-Assad, parla per la prima volta dopo la caduta del suo regime. In un messaggio pubblicato sulla pagina social dell'ufficio presidenziale, l'ex presidente siriano chiarisce che non ha lasciato Damasco in modo pianificato, ma solo all'alba dell'8 dicembre, dopo che i ribelli jihadisti ne hanno preso il contro. La Siria, continua Assad, è ormai nelle mani di quelli che definisce terroristi. Il gruppo Hayat Tahrir al-Sham, è nella lista dei gruppi terroristici per Paesi come gli Stati Uniti, nonostante Washington abbia ammesso di aver aperto contatti diretti con loro. Mentre i miliziani islamisti mostrano segni di apertura, i raid dell'aviazione israeliana continuano a colpire i siti di armamenti che si trovano all'interno del territorio siriano, per evitare, afferma l'esercito israeliano, che le armi finiscano nelle mani dei ribelli e delle fazioni estremiste. Raid che non accennano a placarsi neanche all'interno della Striscia di Gaza, dove nelle ultime ore decine di palestinesi hanno perso la vita in un attacco che ha centrato una scuola a Khan Younis, nel Sud dell'enclave. Una struttura, a detta delle forze di difesa israeliane, usata come centro operativo dai miliziani di Hamas. Mentre sul campo il numero delle vittime ha superato le 45.000 persone, la diplomazia è al lavoro per cercare di raggiungere una tregua entro la fine dell'anno. Si tratterebbe di un cessate il fuoco temporaneo, che permetterebbe la liberazione di una parte degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, in cambio del rilascio di un numero ancora da definire di detenuti palestinesi dalle carceri israeliane.