Se le fiamme della violenza tra Palestina e Israele narrano una storia antica, la scintilla dei combattimenti in corso a Gerusalemme è stata la protesta per gli sfratti di decine di famiglie palestinesi dalle proprie case, all'interno del quartiere di Sheik Jarrah, per ordine della Corte Suprema israeliana, che si è basata sul principio storico di lotta fra i due popoli. Obiettivo: fare spazio all'insediamento di gruppi di coloni israeliani. Il tutto sarebbe dovuto avvenire in pieno Ramadan e nel giorno in cui gli israeliani festeggiano il Jerusalem Day, ossia la festività, fortemente contestata dai palestinesi, della conquista della città nel 1967. Con l'inizio delle operazioni di sgombero sono iniziate le proteste, sedate con la forza dalla polizia israeliana. Gli scontri, si sono poi allargati in tutta la zona orientale di Gerusalemme, arrivando a lambire anche la Moschea di al-Aqsa, uno dei simboli più vivi e rispettati della cultura musulmana. L'intervento della polizia all'interno della Moschea, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Centinaia di persone sono rimaste ferite nel blitz, è a questo punto che è entrato in azione Hamas, che ha lanciato un ultimatum: se entro le 18 di lunedì, la polizia non avesse lasciato la Moschea, ci sarebbero state delle ritorsioni. Ultimatum puntualmente ignorato dal Governo israeliano. Dalla Striscia di Gaza, sono così partiti una serie di razzi a corta gittata, verso i territori israeliani. La risposta di Israele non si è fatta attendere e sono cominciati i bombardamenti. Uno scontro senza fine, che ha fatto ad oggi, decine di morti e centinaia di feriti. È la storia che si ripete perchè, come scrisse Kapuscinski: "La vittoria degli arabi, sta nel fatto di non essere stati sconfitti e la sconfitta di Israele, nel fatto di non aver vinto".