Guerra Medioriente, la Storia di Edi, riservista italiano

26 ott 2023
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"Sono cose che appunto, piccole cose non lo so, mi sono portato la macchinetta per il caffè, ogni mattina mi faccio l'espresso quindi penso di insegnare alle persone come si fa una macchinetta del caffè che non hanno mai fatto in vita loro." Edi e basta, ci tiene a precisare, non è il diminutivo di Edoardo, perché a Roma al quartiere di Porta Cavalleggeri dove abitava a volte si confondevano. A parte il nome inusuale però Edi è un ragazzo di 27 anni che conduceva una vita normalissima, gli amici, lo studio, il tifo per la Roma e forse la cosa più straniante di fronte a una base segreta nel Deserto del Negev, circondata da cavalli di Frisia e cartelli in ebraico è sentire qualcuno in divisa parlare con la caratteristica cadenza capitolina. Già, ma come c'è finito qui? "Il 7 ottobre appunto, un sabato davvero terribile, un sabato nero per tutti ho guardato insieme a tutto il resto del mondo a tutto il resto d'Israele le notizie che si svolgevano durante la giornata e entro la fine della giornata già ho ricevuto la notizia appunto che mi sarei dovuto muovere." "E non hai avuto la tentazione di dire, no scusate, io sono italiano, posso scappare, comunque posso andarmene. Avresti avuto 100 scuse teoricamente per sottrarti a questo dovere." "Chiaramente uno potrebbe venire con mille scuse, iniziare a pensare come uscirne, però come la vedo io è che quando uno prende un impegno e ancora di più all'inizio del proprio servizio fa un giuramento bisogna anche rispettare le proprie cose che uno appunto dice e che giura soprattutto e magari per chi non ha mai avuto un'appartenenza a un altro posto a parte dell'Italia può essere difficile da capire, ma come ebreo sento anche stando a distanza e anche le persone che sono in Italia un'appartenenza a prescindere lo Stato di Israele e un senso di doverlo difendere." Senso del dovere e appartenenza, la stessa molla che ha spinto tanti ragazzi come lui a indossare la divisa, imbracciare un'arma e unirsi al Zahal. Il bivio di fronte a cui si trovano però è tragico, è vero hanno già fatto il servizio militare e Edi chiarisce che pur non essendo un violento si sente obbligato a intervenire per difendere lo stato che ha protetto gli ebrei e che ora è minacciato. Il possibile tributo da pagare però è pesante. In mezzo al Deserto del Negev ci sono decine di campi d'addestramento che stanno preparando i ragazzi ad affrontare il peggior incubo della loro vita, trasformare in realtà quello che hanno studiato in teoria, entrare a Gaza e uccidere, varcando una soglia da cui non potranno più tornare indietro.

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