La camera preliminare della corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyahu e l'ex Ministro della Difesa Yoav Gallant, nell'ambito della guerra a Gaza per crimini contro l'umanità e crimini di guerra commessi almeno dall'8 ottobre del 2023 fino ad almeno il 20 maggio 2024, giorno in cui la procura ha depositato la richiesta di mandato di arresto. Un mandato spiccato anche nei confronti di Mohamed Deif, il comandante delle Brigate Izz al-Dīn al-Qassām il braccio armato di Hamas a Gaza. La Corte Penale Internazionale però non è riconosciuta da Israele, Usa, Cina e Russia, paesi che non hanno mai ratificato il trattato che l'ha istituita nel 98 a Roma, ce l'ha invece in Europa. A differenza della Corte Internazionale di Giustizia, che è un organo delle Nazioni Unite, la Corte Penale Internazionale è giuridicamente indipendente dall'ONU sebbene sia approvata dall'assemblea generale e persegue non gli stati in sé ma i singoli individui. Dunque il tribunale dell'AIA che non dispone di forze di polizia per far rispettare mandati, dipende dagli stati membri per l'esecuzione degli ordini emessi. Tradotto: se Netanyahu o Gallant dovessero recarsi negli Stati Uniti non verrebbero arrestati, se invece dovessero viaggiare in Europa potrebbero finire in manette. Mentre il procuratore capo della Corte Penale Internazionale, Karim Khan, ha chiesto ai 124 stati che aderiscono alla CPI di rispettare il loro impegno nei confronti dello Statuto di Roma ottemperando ai mandati di arresto, la decisione del tribunale dell'AIA ha suscitato reazioni opposte all'interno della comunità internazionale. Israele, insieme all'alleato di ferro americano, respinge le accuse definendole antisemite e oltraggiose. Hamas e la Turchia plaudono alla decisione, l'Olanda è pronta a eseguire il mandato d'arresto.