Nelle prossime ore, il premier israeliano Benjamin Netanyahu volerà a Washington dove dovrebbe incontrare martedì il presidente americano Joe Biden. Il condizionale, per ora, è d'obbligo perché il capo della Casa Bianca risulta ancora positivo al covid e il bilaterale tra i due leader, dunque, potrebbe saltare. Nei piani di Biden, la visita di Netanyahu negli Stati Uniti sarebbe dovuta arrivare a pochi giorni dal raggiungimento di un accordo quadro su Gaza con un cessate il fuoco e la consegna degli ostaggi nelle mani di Hamas. Eppure, ci sono ancora dei nodi da sciogliere e in pratica un nulla di fatto. Così Joe e Bibi si dovranno confrontare su ben tre fronti di guerra: Gaza, il Libano e ora anche lo Yemen. La risposta dello stato ebraico al drone lanciato dagli Houthi su Tel Haviv nella notte tra giovedì e venerdì che ha ucciso un uomo ha visto i caccia dell'aviazione israeliana colpire per la prima volta sabato sera il porto di Hobeida in Yemen, luogo distante quasi 1800 chilometri dalle coste israeliane e usato dai ribelli sciiti per ricevere le armi trasferite dall'Iran. Un attacco che ha causato la morte di almeno sei persone e che, come dichiara Netanyahu, rende chiaro ai nostri nemici che non esiste luogo in cui il lungo braccio di Israele non possa raggiungerli. Mentre l'IDF si prepara alla possibilità di dover attaccare nuovamente altri obiettivi strategici degli Houthi in Yemen, il leader dei ribelli Abdul-Malik Badruldeen al-Houthi avverte che gli israeliani non sono più al sicuro a Tel Aviv. Hezbollah, intanto, non arretra continuando a lanciare missili verso il nord di Israele. I fronti aperti sono diversi, il rischio di un'escalation è reale.