Inflessibilità e sprazzi improvvisi di clemenza strumentale si alternano nel regime degli Ayatollah, sempre più indebolito nella regione, con pochissimo consenso nel paese; nessuna contraddizione laddove conviene allentare la presa, sotto la pressione occidentale, in cambio di qualcosa la teocrazia di Teheran lo concede, ma non perché retroceda dalla sua logica repressiva e spietata, solo questione di opportunità, e così Cecilia Sala è stata liberata, così come è tornata in libertà dopo quattro anni un attivista per i diritti umani di cittadinanza iraniana tedesca, Nahid Nagavi, di 70 anni condannata a dieci anni e otto mesi di carcere e mentre la Francia ribadisce la sua richiesta di rilascio di tre cittadini francesi detenuti da due anni centinaia di detenuti politici e giovani sono inghiottiti dal silenzio delle prigioni iraniane mentre la corte suprema ha confermato la condanna a morte per impiccagione di Pakhshan Azizi attivista curda di una ONG. La donna, 40 anni, arrestata nel 2023 è accusata di ribellione, di appartenenza a gruppi armati curdi fuorilegge. È detenuta nella famigerata prigione di Evin di Teheran. Azizi è invece un operatrice umanitaria, attivista che ha aiutato a donne e bambini nei campi degli sfollati nel nord-est della Siria e nel nord dell'Iraq e come è accaduto a lei sparizioni forzate, torture e maltrattamenti durante gli interrogatori e processi farsa sono la prassi in Iran. L'ONG Iran Human Rights ha denunciato che 31 donne sono state giustiziate nel 2024 in totale nell'ultimo anno le esecuzioni sono state 901. A dicembre in una settimana sono state uccise 40 persone quasi un terzo delle donne giustiziate lo sono state durante la presidenza del riformista Pezeshkian. Nel 2025 sono già a 44 le persone uccise dal regime.