Iran, l'attacco di Khamenei: Occidente manipola proteste

17 gen 2020
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Le prime reazioni all'attacco frontale di Ali Khamenei a Stati Uniti, Israele ed Occidente tutto dal pulpito della moschea di Teheran sembrano essere interne alla stessa Repubblica Islamica. Da una parte c'è infatti la Guida Suprema che torna ad officiare la preghiera del venerdì nel tentativo di rispondere al disastro dell'aereo ucraino e le proteste che ne chiedono la testa. Poi c'è l'altra faccia del regime, quella considerata più dialogante, incarnata dal Presidente Hassan Rouhani e dal suo esecutivo. E' lui a lasciare la moschea mentre non si è ancora del tutto conclusa la cerimonia. Un gesto che scatena il dibattito, per alcuni il segnale di disaccordo sulla linea dura di Ali Khamenei, che ha attaccato pesantemente anche i partner europei dell'Iran sull'intesa sul nucleare voluta da Rouhani. La necessità di Ali Khamenei di compattare soprattutto la base degli iraniani fedeli al regime mostra comunque come a Teheran la situazione sia estremamente pesante. La Guida Suprema officia infatti il sermone come non accadeva dalla precedente crisi del regime otto anni fa. “Quei pagliacci che sostengono di essere dietro il popolo sono bugiardi, sono manipolati dai nemici e non hanno dedicato le proprie vite alla sicurezza dell'Iran, diversamente da gente come Soleimani” tuona, quindi, Khamenei. “La tragedia amara dell'abbattimento dell'aereo ucraino a Teheran non deve oscurare il sacrificio di Soleimani” afferma ancora, tentando di unire il Paese nel nome del suo generale più importante ucciso a Baghdad in un raid aereo americano. Stati Uniti ed Israele, che definisce “un tumore in seno dall'Asia occidentale”, i principali obiettivi della sua retorica, da cui non si salva, però, anche l'Europa dunque, colpevole, a detta della Guida Suprema, di essere al servizio di Washington in merito proprio all'accordo sul nucleare. “Il dialogo con loro è un inganno” dice Khamenei”, aggiungendo che il fatto che l'Iran abbia il potere di schiaffeggiare un arrogante come gli Stati Uniti dimostri come Dio sostenga il Paese. Parole di un regime che teme soprattutto il dissenso del suo stesso popolo in rivolta.

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