Iraq oggi, in macerie e diviso da lotte interconfessionali

21 lug 2022
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Per il futuro dell'Iraq Mustafa al-Kadhimi sembra avere un curriculum perfetto, sembra però perché se c'è un punto fermo dell'Iraq è che non ci sono certezze. Khadimi, eletto premier dal 7 maggio 2020, è un ex giornalista oppositore di Saddam, sciita moderato, amico degli americani ma non ostile all'Iran, ha un programma che punta a smilitarizzare le tante milizie presenti nel Paese in questo, ex direttore dei servizi segreti, ha conoscenza del terreno e gli agganci nell'area che gli impongono un approccio pragmatico al futuro dell'Iraq. Ed è l'unico approccio che ha qualche chance è successo in un paese che dal 1991, dalla fine del primo intervento contro il regime di Saddam Hussein, ha visto solo povertà, guerra e distruzione. E ora, dichiarata ufficialmente la fine della lotta a Daesh, anche se delle sacche persistono in alcune aree, le priorità sono come far ripartire un'economia in ginocchio, con tassi di disoccupazione altissimi, ricostruire infrastrutture totalmente devastate, pacificare il Paese. Sul piano internazionale invece la priorità è emanciparsi dalla abbraccio soffocante di Iran e Turchia, mantenendo però rapporti cordiali e non è semplice dato che il Paese è ancora separato delle faide interetniche e interconfessionali; per risolvere questa storica divisione tipica di un Paese, disegnato a matita sulla cartina geografica da Churchill, senza tener conto della storia del territorio. L'Iraq moderno ha adottato la divisione federale in tre aree: una curda al nord, una sunnita al centro e una sciita a sud. Anche se come abbiamo visto, nei vent'anni di Enduring Freedom, sono separazioni approssimative che non tengono conto anche di altri componenti importanti come turcomanni e i siliaci e che comunque non sono rispecchiate dalla banale ripartizione geografica. Per rispondere a questo dilemma si è scelta anche la partizione delle cariche politiche su base etnico confessionale, una regola non scritta prevede che il Presidente sia un curdo, il Premier sciita e il Presidente del Parlamento sunnita; l'unica esempio di questo genere è il Libano e abbiamo visto com'è andata a finire, ma la speranza è che i progetti di ricostruzione gli auspicati massicci investimenti esteri possano ripianare attriti e sanare piaghe millenarie.

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