3,5 milioni di tossicomani su 40 milioni di abitanti. Questi i dati che vengono forniti dalle autorità sanitarie e l'argomento non è un tabù però non è neanche particolarmente gradito al regime. Anche Mullha Billal Karimi, nel corso dell'intervista, ci aveva ribadito la ferma intenzione dei talebani di eradicare la coltivazione di oppio, di cui l'Afghanistan, resta il principale produttore al mondo e dare il via a una d'intossicazione di massa ma, come sempre, con i talebani un conto sono le parole, un conto i fatti. L'ospedale Jangalak, specializzato nella rieducazione dei tossicodipendenti, si trova nella periferia orientale di Kabul ed è, per certi versi un fiore all'occhiello. Per motivi di sicurezza il direttore della struttura non ci concede un'intervista ma ci espone i numeri: 252 ricoverati, altissima percentuale di successo poi, aggiunge, bisogna intendersi cosa si intenda per successo. Lo chiediamo al Dottor Mohamed Daud Jaion che ci fa vedere la struttura e ci descrive il suo funzionamento. L'adesione al programma di disintossicazione è per ora su base volontaria, contrariamente a quanto sostengono i talebani. Si dovrebbe articolare in tre fasi: pre-trattamento, disintossicazione e riabilitazione e reinserimento nella società. Per le ristrettezze economiche ora ci si limita alla fase due. La struttura sembra un carcere e lo è per certi aspetti, tutti con una divisa verde tranne i blu, che hanno concluso il percorso e aiutano gli altri. Sbarre alle finestre, nessuna libertà di movimento. È pulita ma le stanze sono sovraffollate con 16 18 persone ammassate in letti a castello, così per tre piani. Abdul Amad ha 27 anni e ci dice di essere contento di sentirsi bene che si sta disintossicando per la famiglia e che vuole tornare a lavorare, fare il tecnico dei computer, ma è difficile per un ex tossicodipendente trovare lavoro nell'Afghanistan di oggi. Rappresenta l'ultimo gradino della scala sociale. Eppure è possibile scendere un gradino ancora più in basso sul fiume Kabul, sotto il ponte Pule Sukhta ci sono sono una comunità di zombie veri e propri che vivono in condizioni spaventose. Sono i tossicodipendenti che ancora devono riabilitarsi. Il fiume a causa della siccità è ridotto a un misero rigagnolo, alimentato principalmente dalle fogne, e in quelle acque, quelle ombre, si lavano, sciacquano le ho viste le loro misere proprietà, si rinfrescano. Sono accampati sul letto del fiume in secca dove l'odore è insopportabile perfino per chi ci abita. Luride tende sono stese sotto il ponte per garantire un po' di intimità, anche se poi una buca enorme al centro del fiume costituisce il bagno. Tutta colpa di Karzai, urlano alcuni passanti, indicando quello spettacolo terrificante e non sappiamo che rispondere.