L'ospedale Al-Shifa di Gaza City, nel nord della striscia, è sotto assedio perché secondo Israele lì si nasconderebbero alti funzionari di Hamas, che continuerebbero ad utilizzare la struttura per pianificare e portare avanti attività terroristiche. L'IDF ha arrestato decine di persone, alcune delle quali, riferisce l'esercito israeliano, sarebbero terroristi della fazione islamica ma durante gli scontri a fuoco all'interno dell'edificio, dove si trovano circa 30.000 persone tra pazienti, personale medico e sfollati, oltre ad essere rimasto ucciso Faiq Mabhuoch, il capo delle operazioni del servizio di sicurezza interna di Hamas, hanno perso la vita anche decine e decine di civili, un crimine di guerra per il movimento islamista palestinese che si appella alla comunità internazionale per fermare il massacro a Gaza, un lembo di terra dove dal 7 ottobre, dall'inizio del conflitto sono morte quasi 32.000 persone, diventando di fatto, secondo l'alto rappresentante dell'Unione Europea Josep Borrell, il più grande cimitero a cielo aperto del mondo e dove avverte l'ONU, una carestia nella parte settentrionale è imminente. Intanto la diplomazia internazionale spinge per una tregua. A Doha in Qatar, dove è arrivata una delegazione israeliana capitanata dal capo del Mossad David Barnea, sono ripresi i negoziati. Sul tavolo delle trattative un cessate il fuoco di 42 giorni in cambio della liberazione di 40 ostaggi ma i colloqui, che dureranno almeno due settimane, saranno articolati e complessi perché nelle trattative sarà coinvolto Yahya Sinwar, il leader di Hamas nascosto nella rete di tunnel sotterranei di Gaza, e poi neanche il pressing del presidente americano Joe Biden a colloquio telefonico con Benjamin Netanyahu sembra ammorbidire le posizioni del premier israeliano, il leader del Likud infatti, mantiene il pugno di ferro ribadendo al capo della Casa Bianca l'impegno di Israele di raggiungere tutti gli obiettivi del conflitto, ovvero eliminare Hamas, liberare gli ostaggi e far sì che Gaza non rappresenti mai più una minaccia per lo stato ebraico.