«Nel contrastare le rivolte, l'Iran ha mostrato la massima moderazione e, a differenza di molti regimi occidentali che diffamano e reprimono violentemente anche i manifestanti pacifici, ha impiegato metodi antisommossa proporzionati e standard. Lo stesso vale per il processo giudiziario: moderazione e proporzionalità». Interviene nel giorno in cui il Guardian, quotidiano britannico, denuncia il comportamento delle forze di sicurezza iraniane, il Ministero degli Esteri dell'Iran, che difende l'operato del regime respingendo «l'ipocrita paternale» da parte dell'Occidente. Nello stesso giorno in cui la notizia dell'impiccagione di Mohsen Shekar fa il giro del mondo. Un'esecuzione condannata dall'Occidente, una morte che ha indignato il Governo italiano, ha commentato la Premier Giorgia Meloni, che definisce inaccettabile la repressione da parte di Teheran. Aveva 23 anni il primo manifestante giustiziato, era stato arrestato il 25 settembre e poi condannato a morte, giudicato colpevole del reato di «guerra contro Dio». Accusato di aver interrotto la circolazione su una strada durante le proteste «con l'intento di creare terrore e uccidere». Secondo gli attivisti altri manifestanti potrebbero essere presto giustiziati: sono almeno undici le persone finora condannate alla pena capitale arrestate durante le manifestazioni. E sono molteplici le condanne: dal rapper iraniano Hichkas, con oltre due milioni di follower su Instagram, che ha parlato del «diritto di imbracciare le armi» contro le esecuzioni di massa, al noto calciatore iraniano Ali Karimi che ha condannato l'esecuzione. Una repressione dura che colpisce in particolare le donne, ancora nel mirino delle forze di sicurezza iraniane, che sparano da distanza ravvicinata colpendole al volto, agli occhi, al petto e ai genitali. Una denuncia che arriva da medici e sanitari intervistati dal Guardian in tutto il Paese, e che raccontano di come uomini e donne presentino ferite diverse.