La tregua è finita. Era già fragile di suo, minata da insulti e provocazioni quasi quotidiane, ma di fatto, dallo scorso 15 settembre, la Corea del Nord non aveva effettuato più test balistici, neanche durante la visita di Donald Trump in Asia, ad inizio novembre, ma da oggi Pyongyang è tornata minacciosa a far sentire la propria voce. Nelle prime ore del mattino di mercoledì nel sud-est asiatico (nella serata di martedì in Italia), il regime di Kim Jong-un ha lanciato un nuovo missile che ha viaggiato per 50 minuti e per 1.000 chilometri, arrivando a circa 200 chilometri dalle coste giapponesi, ma ciò che preoccupa è l’altitudine che ha raggiunto, la più alta finora per un missile a lunga gittata testato dalla Corea del Nord: circa 5.000 chilometri all’apice, che stanno a dimostrare – per dirla con le parole del Ministro USA alla difesa, James Mattis – che a questo punto Pyongyang ha la tecnologia per colpire ovunque, tutti gli Stati Uniti puntando ad est e tutta l’Europa puntando ad ovest. Non a caso è arrivata anche la reazione cauta di Donald Trump che, parlando ai cronisti in una giornata in cui ha principalmente lavorato sulla riforma fiscale, ha comunque voluto toccare anche la questione di questo nuovo test, precisando che gli Stati Uniti se ne occuperanno presto e che la strategia di Washington nei confronti della Corea del Nord comunque non cambia. Resteranno, dunque, le pressioni sia diplomatiche che militari; anzi, forse si inaspriranno, considerando anche che appena una settimana fa Washington ha deciso di includere la Corea del Nord nella lista nera dei Paesi che sostengono il terrorismo internazionale. L’allerta è ormai di fatto massima, tanto che gli USA hanno deciso di riattivare nelle sue isole e nel Pacifico, per la prima volta dalla Guerra Fredda, le sirene che avvertono di un imminente attacco. La prima esercitazione è prevista alle Hawaii questo venerdì.