Mentre molte città giapponesi che avevano dato la loro disponibilità ad ospitare le squadre olimpiche si stanno pian piano smarcando, mettendo in seria difficoltà il Comitato Organizzatore, c'è una cittadina, a un centinaio di chilometri da Tokyo, Maebashi, che da oltre un anno ormai ospita alcuni atleti del Sud Sudan. Prima che arrivassero pochi cittadini sapevano dell'esistenza di questo Paese, nato appena 10 anni fa, e subito sconvolto da una tragica guerra civile. Ma ora qui tutti li adorano e se le Olimpiadi dovessero essere di nuovo rimandate o cancellate sono disposti addirittura ad ospitarli fino a quando vorranno. Davvero un bell'esempio di solidarietà, non solo sportiva, in un Paese dove non è facile, per i pochi migranti che riescono a ottenere il permesso di soggiorno, inserirsi nel tessuto sociale. Per la maggior parte degli atleti di tutto il mondo il rinvio, l'anno scorso, delle Olimpiadi ha rappresentato un enorme problema. Per questi quattro atleti invece del Sud Sudan, che sono nella cittadina di Maebashi, alla periferia Tokyo, invece, è stata una grande occasione. La collettività locale si è tassata, hanno raccolto oltre € 300.000, pensate € 300.000, per contribuire alle loro spese e il Sindaco li ha adottati, praticamente, come cittadini onorari. Due di questi addirittura, pensate, hanno pensato, stanno decidendo di restare anche dopo le Olimpiadi perché hanno trovato, diciamo, l'anima gemella. Abraham, uno dei quattro atleti sud-sudanesi ha 28 anni, corre i 1.500 metri e, pensate, è qui grazie ad un italiano. Si chiama Simone, non ricordo il cognome, ci racconta, ci siamo conosciuti in Uganda, mi ha visto correre a piedi nudi e mi ha regalato un paio di scarpe. Adesso sono qui grazie a lui. E se c'è questo Simone, non sappiamo bene il cognome, ma se c'è questo Simone che era in Uganda negli anni passati e che adesso è tornato in Italia, Abraham lo saluta.