Omicidio Kim Jong-Nam, tensione tra Pyongyang e Seul

22 feb 2017
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Erano stati spenti per pochi anni, ora hanno ripreso a funzionare con gli annunci diretti verso il fratello nemico, la Corea del Nord, per puntare il dito contro il regime responsabile, secondo Seul, di aver organizzato l’omicidio di Kim Jong-nam, fratellastro dell’attuale leader Kim Jong-un. Sono gli altoparlanti che dal 53, lungo il XXXVIII parallelo, il confine più blindato al mondo, costituiscono una delle strategie di guerra psicologica tra due nazioni che ufficialmente non hanno mai siglato un accordo di pace. La morte del maggiore dei Kim, erede designato, poi defenestrato, poi divenuto critico nei confronti del regime, poi coinvolto in oscuri affari finanziari, è stata solo l’ennesima scintilla tra due Paesi che non hanno mai avuto intenzione di normalizzare i rapporti, così anche le mosse diplomatiche della Nord Corea vanno esattamente in questa direzione, esacerbando le relazioni perfino con la Malesia, uno dei pochi Paesi con cui ha rapporti diplomatici. L’ambasciatore nordcoreano ha infatti chiesto il rilascio di tutte le persone arrestate, due donne (una indonesiana, l’altra vietnamita) e due uomini (un indonesiano e un nordcoreano) considerato il chimico che ha realizzato il veleno che ha ucciso Kim Jong-nam. Dei quattro solo il cittadino indonesiano potrebbe essere rilasciato, hanno fatto sapere le autorità di Kuala Lumpur, che però hanno anche protestato per la rudezza diplomatica dell’ambasciatore di Pyongyang. Gli investigatori malesi hanno annunciato che l’inchiesta ha portato all’identificazione di altre sette persone, tutte nordcoreane, che sarebbero coinvolte nell’omicidio. Quanto alla restituzione del corpo di Kim Jong-nam, Kuala Lumpur ha spiegato a Pyongyang che sarà possibile solo dopo la chiusura delle indagini: un altro punto di attrito tra le due nazioni.

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