È stata superata la fase 1. La caduta di Mosul richiederà ancora molto tempo, ma – sostengono dal Pentagono – per ora tutti gli obiettivi sono stati raggiunti. Sono stati riconquistati, infatti, villaggi nei dintorni della seconda città irachena, tagliate le vie di rifornimento e fuga, chiuse tutte le linee di comunicazione. Insomma, ora Mosul è una gabbia per i circa 5.000 seguaci di Abū Bakr e Al-Baghdādī o almeno così dovrebbe essere, perché gli jihadisti non danno per ora segnali di resa e tentano, anzi, di alleggerire l’assedio con attacchi ad altri villaggi, più lontani dal centro urbano, con il chiaro intento di rallentare l’avanzata dell’esercito iracheno dei peshmerga curdi. Continuano a essere segnalate sacche di resistenza a Bashiqa, attacchi a Sinjar, battaglie in corso a Bartella, segnale che la resistenza è ancora fortissima. Secondo gli accordi presi mesi fa, ad entrare in città saranno le forze regolari irachene, mentre i curdi resteranno nella periferia. Non si discute, quindi, se, ma quando la battaglia si concluderà e se è vero che ci vorranno mesi è anche vero che l’ingresso in città non sarà semplice. I miliziani rimasti opporranno una resistenza feroce, soprattutto in funzione propagandistica, ma non solo. L’ONU, continua, infatti, a ricevere segnalazioni di atrocità commesse dall’ISIS contro i civili, donne e bambini a Mosul. Lo ha affermato oggi a Ginevra l’Alto Commissario per i diritti umani, che ha sottolineato la drammaticità della situazione. “Continuiamo a ricevere informazioni – ha detto – secondo cui l’ISIS sta deliberatamente usando i civili come scudi umani”. Intanto, sul fronte diplomatico continua il pasticcio di alleanze e incroci pericolosi, con i due grandi burattinai, Stati Uniti e Russia, che continuano a sfidarsi a distanza, mentre la Turchia gioca la partita delle alleanze su più tavoli.