La decisione è in mano ai giudici della Corte di Appello di Milano, che hanno appena ricevuto il parere contrario della Procuratrice Generale Francesca Nanni alla richiesta dei domiciliari avanzata dal difensore di Mohammad Abedini Najafabadi, detenuto nel Carcere di Opera. Parere in linea con il documento trasmesso per via diplomatica da parte della giustizia americana al tribunale milanese, a pochi giorni dall'arresto a Malpensa lo scorso 16 dicembre, dell' ingegnere iraniano definito soggetto pericoloso e accusato di terrorismo per aver violato le leggi americane sull'esportazione di componenti elettronici sofisticati, dagli Stati Uniti all'Iran, e per aver fornito materiale a un'organizzazione terroristica straniera. Nella lettera, la giustizia americana, che chiede l'estradizione di Abedini, sottolinea proprio la necessità della sua detenzione in carcere. Il destino di Cecilia Sala, legato ufficiosamente a quello Abedini, resta dunque legato a trattative diplomatiche che appaiono sempre più complesse. La giornalista italiana dal Carcere di Evin, a Teheran, denuncia le reali condizioni di detenzione attraverso i contatti telefonici avuti con i genitori e con il suo compagno. "Dormo per terra, al freddo su una coperta, non c'è il materasso, il gelo e pungente", spiega la Sala, affermando come i generi di prima necessità forniti dalla nostra Ambasciata in Iran, non le siano mai stati recapitati. Proprio all'Ambasciatrice italiana, Paola Amadei, le autorità iraniane avevano assicurato che le condizioni carcerarie riservate alla Sala sarebbero state dignitose. I metodi però sembrano essere gli stessi destinati alle dissidenti politiche detenute ad Evin, che affrontano inoltre pesanti violenze e torture.