Minacce e sfide comuni richiedono risposte comuni, sulla base di una cooperazione onesta. C'era attesa per il discorso di Vladimir Putin al 14° Summit dei BRICS, riunione virtuale dei Leader di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica sotto presidenza cinese. Dopo il discorso di apertura di Xi Jinping in cui ha detto: la crisi ucraina è un campanello d'allarme che solleva i rischi di una espansione delle alleanze militari, si attendeva soprattutto la proposta del numero uno del Cremlino, ed è giunta, prevedibile, rilanciando il guanto di sfida all'Occidente responsabile dell'attuale crisi economica. Nessun cenno all'invasione in Ucraina, ovvio, l'imputato è l' Occidente responsabile di azioni egoistiche. Operazione dialettica notevole ma davanti a interlocutori non sfavorevoli perché i BRICS, emergenti o comunque non allineati, seppur con molti distinguo, hanno un tratto in comune: non sono Occidente. Per questo valuteranno con attenzione le priorità di Mosca, tra queste uscire dalle strettoie dell'embargo e la sostanziale espulsione del Rublo dal circuito internazionale delle valute. Per cavalcare questa estromissione de facto, Mosca ha annunciato di stare lavorando a una valuta comune per questo mercato specifico. Sul fronte economico, d'altronde c'è totale sintonia: l'ospite di casa, Xi Jinping, ha puntato il dito contro le sanzioni dell'Occidente scegliendo metafore poetiche per difendere il libero mercato. Finora la Cina non si era spinta a difendere in modo così esplicito la Russia ma, appunto, lo scenario cambia e Pechino ha deciso di schierarsi. La conseguenza diretta è che la NATO, ha fatto sapere la Casa Bianca, ha inserito la Cina tra le fonti di preoccupazione. Nel prossimo vertice del G7 della NATO il dossier Pechino sarà affrontato. Non era mai successo prima.