In Giappone fare il bagno alle terme assieme è un momento di grande intimità. Il bagno si fa, infatti, nudi, senza costume. Anche se la tradizione oramai si è un po’ persa, è lecito consumare, mentre si chiacchiera e si guarda il panorama – i bagni spesso sono all’aperto – il sakè, il cosiddetto vino di riso. Ma basterà questo vertice inusuale nella piccola città termale di Nagato, luogo di nascita dell’attuale Premier Shinzō Abe, il primo tra un paese membro del G7, il Giappone, e la Russia, contro la quale sono ancora in atto le sanzioni economiche adottate dopo la questione della Crimea, a risolvere finalmente la questione territoriale che da oltre settant’anni oramai impedisce ai due paesi di firmare un trattato di pace? Tutti lo sperano, a parole, ma sarà molto, molto difficile. Anche perché lo stesso Putin, alla vigilia di questo incontro, cui i media giapponesi stanno dando enorme rilevanza, ha gelato tutti, ripetendo quello che Mosca va dicendo da sempre, e cioè che per la Russia non esiste una questione territoriale, esiste solo nella mente dei giapponesi. In effetti, dal punto di vista del diritto internazionale i russi sembrano avere ragione: pochi giorni prima della fine della guerra, infatti, le truppe sovietiche ruppero il patto di neutralità e occuparono le Curili meridionali, conquistate dal Giappone durante la vittoriosa guerra contro lo Zar del 1905, e dopo averne espulso circa 17.000 residenti, alcuni dei quali sono ancora in vita, le hanno sino ad oggi amministrata. Il Giappone, che ha questioni territoriali ancora aperte con tutti i suoi vicini, continua a rivendicarle, ma senza grande successo. Vedremo nelle prossime ore se ci sarà davvero un passo avanti o se ancora una volta ci si limiterà a ribadire le buone intenzioni. Una cosa, però, è certa: dopo le elezioni di Trump, per la prima volta dal dopoguerra, Tokyo e Mosca hanno un reciproco interesse a rafforzare i loro legami, ma è probabile che ciò avverrà soprattutto sul piano economico, con oltre sessanta accordi pronti a essere firmati, dal settore agricolo a quello nucleare, ma soprattutto con l’impegno del Giappone ad aumentare ancora gli investimenti diretti, cresciuti, nonostante le sanzioni, del 51 per cento nell’ultimo anno, e della Russia a garantire nuovi approvvigionamenti energetici a un paese che, dopo l’incidente nucleare di Fukushima, cerca ancora soluzioni alternative.