"La Svezia sta affrontato il più difficile problema di sicurezza dalla Seconda Guerra Mondiale". Così il premier Kristersson annuncia la misura che consente più controlli alle frontiere dopo le proteste causate da diverse manifestazioni nel paese in cui sono state date alle fiamme pagine del Corano. "Siamo per la libertà di espressione, completamente", ha spiegato il premier, "ma dobbiamo anche difendere i nostri interessi in materia di sicurezza". L'obiettivo è fronteggiare eventuali attacchi da parte di estremisti islamici che il governo di Stoccolma teme proprio come ritorsione a quelle manifestazioni. E intanto Salwan Momika, protagonista di alcune di queste manifestazioni a Stoccolma nel mese di luglio, ha deciso di ritirare la richiesta di autorizzazione per ulteriori iniziative. Lo riporta la tv del servizio pubblico svedese citando fonti della polizia. I precedenti roghi del Corano in Svezia, ma anche in Danimarca, hanno generato non poca tensione diplomatica. Dodici giorni fa l'ambasciata svedese a Baghdad era stata assaltata e il primo ministro iracheno aveva ordinato l'espulsione dell'ambasciatore di Stoccolma dalla capitale. L'organizzazione per la cooperazione islamica aveva condannato i roghi definendo gli atti spregevoli di aggressione e chiedendo l'intervento delle Nazioni Unite. La Commissione Europea era intervenuta sottolineando che le manifestazioni di razzismo, xenofobia e intolleranza non sono compatibili con i valori su cui l'Unione è fondata. Ora la portavoce per la politica estera dell'Unione Europea, Nabila Massrali, sottolinea: "respingiamo i roghi dei testi sacri e del Corano. Noi difendiamo la libertà di religione e di espressione ma ciò che è legale non è necessariamente etico". Legale non vuol dire opportuno dunque. Un concetto ribadito anche dal premier svedese.