Il fallimento di una nazione non è un'opinione, non dovrebbe almeno trattandosi di un fatto. Eppure occidente e Russia si trovano in disaccordo anche su questo fronte. Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha infatti negato le accuse americane di default, dicendo che i proclami di fallimento sono ingiustificati, "Se il sistema internazionale di pagamenti non processa le transazioni non è un nostro problema." In ballo ci sono 100 milioni di dollari di interessi da ripagare, che erano attesi dai creditori lo scorso 27 maggio. Trascorso il mese di tolleranza previsto dai contratti, la Russia può essere ormai tecnicamente definita i default. Ma la realtà è più complessa se teniamo conto che Mosca i soldi per pagare i propri debiti li avrebbe, anche più che in passato visti i i pagamenti che riceve quotidianamente per il suo gas e il suo petrolio. Ma non può più farli arrivare ai creditori, per via delle sanzioni che impediscono al Governo russo di effettuare pagamenti in dollari e in euro. Fino a maggio il problema è stato posticipato grazie a un'esenzione prevista dal Dipartimento del Tesoro americano, ora invece la Russia non può più pagare in dollari e in euro ed è dunque costretta dalle sanzioni a dichiarare default sul suo debito estero per la prima volta da quando i bolscevichi ripudiarono i debiti dell'era zarista nel 1918. Resta ora da capire cosa accadrà, secondo Bloomberg i creditori potrebbero preferire aspettare l'evoluzione della guerra per capire quali sono le chance di mettere le mani sul denaro, mentre Putin ha proposto un meccanismo di pagamento in rubli che poi verrebbero convertiti in dollari secondo il processo inverso a quello imposto per il gas naturale. Per la Russia infatti l'evento è soprattutto simbolico, visto che è già stata tagliata fuori dal mercato finanziario occidentale.