La questione specifica è quella delle targhe automobilistiche, che non possono essere serbe nel territorio kosovaro. Può sembrare un pretesto, in realtà è l'esempio più nitido di quanto la crisi nel cuore dei Balcani, resti incandescente dopo anni, anni di tensioni e lacerazioni esplose con la guerra del 1999 e mai più sopite. Perché dal lato serbo, quella del Kosovo, è una ferita sempre aperta dai bombardamenti della Nato, senza autorizzazione ONU che portarono a un distacco di fatto della provincia a maggioranza albanese, fino all'indipendenza proclamata unilateralmente da Pristina nel 2008, mai riconosciuta da Belgrado che continua a rivendicare la sovranità. Dal lato kosovaro, invece l'aspirazione a sganciarsi dalla Serbia, vista e considerata come paese oppressore, per diventare uno stato autonomo, legato alla vicina Albania e proiettato più sugli Stati Uniti, che sull'Unione Europea per il sostegno avuto da Washington. Ufficialmente tra i due paesi, c'è in atto un tentativo di normalizzazione, con la mediazione di Bruxelles iniziato nel 2013 il 9 anni nessun risultato di rilievo, Tanto che la questione resta la disputa più controversa in Europa, anche per i suoi risvolti internazionali. Il Kosovo, dove continua operare un contingente Nato, vuole entrare nell'alleanza Atlantica. La Serbia, invece, ha sempre contato sulla Russia, per impedire il riconoscimento del Kosovo in seno alle organizzazioni internazionali, e questo è uno dei motivi che lega Belgrado a Mosca. L'Unione Europea, tra missioni frequenti e promesse ricorrenti, resta spettatrice anche se 5 dei 27 paesi che ne fanno parte non hanno riconosciuto l'indipendenza di Pristina.