Siccità, Afghanistan: la terra è bruciata

10 ago 2022
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Dae Sabz in pashto significa Villaggio Verde, ma il nome potrebbe essere più crudelmente ironico. Stiamo attraversando il distretto da circa mezz'ora e il paesaggio che ci si presenta è solo un susseguirsi di dune, cretti, crepacci scavati da antiche e catastrofiche piogge torrenziali. La terra è bruciata, è la caratteristica consistenza del terreno desertificato, non è sabbia, ma polvere gialla che si alza al passaggio delle nostre vetture in nuvole dense e soffocanti. In mezzo a questo disastro Mohamed ha eretto una fortezza, i suoi 6 ettari coltivati a vigna sono circondati da una muraglia e al suo interno il verde ci sorprende con la sua improvvisa vitalità. È un'illusione però, Mohamed ci spiega che quel che vediamo è si un giardino in mezzo al deserto, ma che è destinato a morire. Manda suo figlio a cogliere l'uva, ci spiega che non è utilizzabile. È così dolce che in poco tempo verrà divorata dagli insetti, la assaggiamo e veniamo quasi storditi dal suo sapore intenso. Ma come si può salvare tutto questo? Gli chiediamo, l'aiuto di Dio, certo, ma soprattutto con più generatori che permettono di alimentare i motori che pompano l'acqua da appena 20 metri sotto il suolo, un suolo ricco e fertile, ma che senza il sostegno dello Stato e della Comunità Internazionale non ha un futuro. Un appello simile giunge anche da Massoud, il vecchio manager che cerca di sopravvivere offrendo tour su piccole imbarcazioni a forma di cigno, siamo poco fuori Kabul e lo spettacolo è desolante. Quello in cui sto camminando è o meglio e il caso di dire era il lago di Qaragah, un tempo famoso per le sue acque trasparenti, non potabile, ma utilizzato per esempio, per l'irrigazione non a caso alle mie spalle c'è una diga che ormai adesso non serve più, era talmente verde questa zona che un tempo alle mie spalle c'era addirittura un campo da golf. Guardate, ci dice Massoud, l'acqua era cristallina arrivava fino a qui boschi, era un luogo perfetto per trovare ristoro in queste giornate calde, a Kabul non ha mai fatto così caldo come in questo periodo, siamo su un altipiano e la temperatura supera i 32 gradi. Il problema, ci spiega, è che l'acqua che serviva a colmare il bacino viene dirottata dai contadini per le proprie coltivazioni, è un problema complicato ci spiega il professore Ahmadzay dell'università di Kabul, è sicuramente la cattiva da parte dello Stato o da una parte di questo ma il principale responsabile è il cambiamento climatico che ha fatto precipitare l'Afghanistan nella più lunga siccità che si ricordi, il suo è un appello che si intervenga in fretta. Bisogna intervenire presto perché già adesso, come ci hanno detto, in Afghanistan non si vive ma si sopravvive.

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