"Questo spazio è uno spazio che ha destinato, è stato destinato in questi anni all'accoglienza di rifugiati richiedenti asilo politico e quindi rappresenta un po' un ideal tipo del modello di accoglienza diffusa che noi sindaci da sempre propugniamo". Un modello che non concentri i richiedenti asilo in grandi strutture dove la convivenza interna è più difficile e l'integrazione più complicata. Pensa a questo il sindaco di Soliera, 15.000 abitanti alle porte di Modena, come possibile risposta all'emergenza della popolazione in fuga dall'Afghanistan. Ci mostra un casale ristrutturato, da quattro anni è un centro di accoglienza gestito da una cooperativa sociale. Qui oggi vivono cittadini siriani e africani. Al culmine della crisi migranti sul nostro territorio abbiamo ospitato fino a 45 persone, ci dice, ora sono la metà. La ripartizione in quote, voluta in passato dal Governo, una imposizione, che non ha funzionato. "In un tipo di accoglienza, che io immagino invece su base volontaria, come il modello dello SPRAR, che noi auspichiamo, comunque alcune decine di profughi attraverso la collaborazione dei privati che mettono a disposizione alloggi e il terzo settore per la loro gestione, credo che sia assolutamente sostenibile per una comunità come la nostra. Non è un problema nella misura in cui questa accoglienza viene fatta in modo ordinato, su base volontaria e in modo che possa prevedere l'integrazione. Diventa un problema se invece viene fatto in modo forzoso, ammassando le persone e senza valutare chi sono le persone che vengono poi portate nel nostro territorio". Noi tendiamo al popolo afghano una mano, il messaggio da Coordinatore Provinciale dell'ANCI, l'Associazione dei comuni. "Non li lasciamo abbandonati al loro destino, ma siamo disposti a dare loro una mano anche adesso".