Solo due settimane fa, nel suo discorso sullo stato dell’Unione, Jean-Claude Juncker ribadiva come per l’Europa non ci fosse momento migliore per uno scatto avanti coraggioso verso una maggiore integrazione; un’Europa con il vento in poppa, grazie al ciclo economico positivo e alla debolezza dei movimenti nazionalisti ed euroscettici. Superato il voto in Olanda e in Francia, quello in Germania sembrava fosse ormai ordinaria amministrazione. Per questo a Bruxelles il risultato delle urne e l’exploit di Alternative für Deutschland sono stati accolti con un mix di sorpresa e delusione. “Non bisogna dormire sugli allori” fa ora sapere Juncker attraverso il suo portavoce, “Bisogna dare risposte adeguate ai cittadini e spiegare meglio come funziona l’Unione europea”. L’incubo di una nuova ondata di euroscetticismo, insomma, è ancora dietro l’angolo e con i nazionalisti pronti a fare la voce grossa nel Bundestag il timore dell’Italia è di perdere un alleato di peso sulla questione migranti. Antonio Tajani è l’unico esplicito: “L’AfD è un partito anti italiano e anti mediterraneo, che ci considera esseri inferiori” dice il Presidente dell’Europarlamento, convinto, però, che una Merkel indebolita lasci qualche opportunità a Roma di giocare da protagonista. Nazionalisti a parte, il vero cambiamento arriverà, però, dai nuovi alleati della cancelliera. Finita la grande coalizione europeista con i socialisti, al Governo arriveranno quasi certamente i liberali, euroscettici, contrari a ogni ulteriore forma di integrazione dell’eurozona, contrarissimi a qualunque tipo di comunitarizzazione dei debiti nazionali, favorevoli a un’applicazione ancora più rigida del Patto di stabilità. È una brutta notizia per l’Italia che, a fatica, in questi anni, ha lottato per spuntare flessibilità, ma è una brutta notizia anche per Macron, che vede sfumare quell’asse privilegiato con Berlino su cui puntava per guidare e riformare l’Europa.