Vestiti, scarpe, mobili. Potrebbero esserci anche questi prodotti “made in China” nella nuova lista di merci appesantite dai dazi americani. Una serie di beni di largo consumo che diventerebbero più cari per milioni di consumatori statunitensi e che, di conseguenza, potrebbero dare una spallata alle esportazioni del Dragone. L’ultimo passo di Donald Trump nella sua crociata protezionistica vale 100 miliardi di dollari, ma non si sa ancora quali importazioni dall’Estremo Oriente verrebbero colpite. Questa è l’ennesima mossa nella sfida delle tariffe tra Washington e Pechino che rischia di innescare una cruenta guerra commerciale. Dietro l’accusa che l’economia e la sicurezza americana sono danneggiate dai produttori esteri, Trump ha iniziato fissando l’8 marzo dazi su acciaio e alluminio, tariffe che, però, ora valgono praticamente solo per la Cina. Pechino è il principale obiettivo di Trump. Lo dimostra il suo annuncio del 22 marzo: “Dazi per 50 miliardi su prodotti cinesi da definire”. Lo stesso giorno, però, la Cina risponde: “Tasse alla frontiera per oltre 100 prodotti americani”, fra i quali carne di maiale e vino. Valore: 3 miliardi. Il 3 aprile la Casa Bianca stila la lista che Trump aveva in mente da due settimane. 1.300 prodotti high-tech del Dragone costeranno un quarto in più se importati. All’attacco da 50 miliardi Pechino il 4 aprile risponde con nuovi dazi su auto, aerei e soia, per una cifra identica. Si tratta, al momento, di colpi a salve. Quasi tutte le tasse incrociate non sono operative. Ora persino tra i repubblicani, cioè all’interno del partito di Trump, c’è chi spera in un accordo, anche perché all’ultima minaccia della Casa Bianca Pechino ha già risposto: “Combatteremo a ogni costo”.