Pagate le tasse. Ora Donald Trump ammonisce Amazon e lancia l’accusa di truffa via Twitter. Secondo il Presidente americano, la compagnia di commercio online trufferebbe le Poste USA, sfruttando il loro servizio, ma non pagando il giusto compenso. Un dollaro e mezzo per ogni pacco sarebbe la cifra media persa dalle Poste, in forte crisi nell’ultimo decennio, ad ogni consegna, ossia miliardi di dollari, secondo Trump. L’accordo economico tra Poste americane e Amazon non è mai stato svelato, ma l’antipatia del Presidente precede la sua salita alla Casa Bianca. Troppi danni ai centri commerciali e ai piccoli venditori. Poi c’è il Fake Washington Post, così definito nel tweet, il quotidiano di proprietà dal 2013 di Jeff Bezos, fondatore di Amazon, antagonista accusato da anni di usare il giornale per tenere basse le tasse della società, oltre che di non aver gradito la sua candidatura. La novità è che per la prima volta Trump definisce il Post una lobby. Accuse gravi che arrivano dopo un altalenante periodo in Borsa del gigante online, proprio a ridosso degli attacchi del Presidente. Giorni complicati per i colossi della Silicon Valley. Facebook, in primo luogo, per lo scandalo di Cambridge Analytica, la società inglese accusata del furto dati di 50 milioni di utenti, sospettata di non rispettare né privacy né rischi, e perciò sofferente in Borsa. Ma per ora Trump non si è mai espresso sul social di Mark Zuckerberg. Questione di dati, non di imposte. È Amazon a creare più disturbo. Non paga le tasse né al Governo né ai singoli Stati federali, ha aggiunto, e di qui l’ammonizione: pagate. Parole di un Presidente, per ora, nulla di più.