Trump difende chiusura frontiere, caos negli scali

29 gen 2017
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Il JFK, principale porta di ingresso per i passeggeri internazionali, è diventato il simbolo del caos. Ma proteste e manifestazioni contro il giro di vite sull’immigrazione imposto da Trump coinvolgono buona parte del Paese, non solo New York. Nonostante la bufera, nonostante un giudice federale di Brooklyn, su istanza di due cittadini iracheni fermati in aeroporto abbia ordinato la sospensione del provvedimento per coloro che sono già sul suolo americano, o in transito, e hanno un visto regolare, Donald Trump tira dritto per la sua strada. Continua a difendere le proprie scelte e in un tweet scrive: “il nostro Paese ha bisogno di confini forti e controlli rigidi, adesso. Guardate quello che sta accadendo in Europa, e anzi, in tutto il mondo: un caos orribile”. Anche il suo staff ovviamente tende a smorzare le polemiche: nessun caos negli aeroporti, fanno sapere da Washington, al momento una ventina di persone sono detenute e saranno rilasciate se risulteranno in regola. Insomma, tutto tranquillo, tutto normale, se non fosse che buona parte degli americani non ci sta, e a migliaia continuano a manifestare: “Penso che il bando contro i musulmani sia completamente anti-americano e incostituzionale”, dice questa donna. Stesse scene a Newark, in New Jersey, a Denver, in Colorado, a Chicago, dove diverse persone sono state arrestate. E poi Boston, Dallas, Seattle, Washington, Portland, San Diego, Los Angeles e, ancora, San Francisco. L’ordine esecutivo prevede il divieto, a tempo indeterminato, dell’ingresso dei profughi siriani. Quattro mesi di stop per tutti gli altri, tre mesi di bando per i cittadini provenienti da Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan, Yemen. Per Trump si tratta di misure che servono a proteggere il Paese da potenziali terroristi islamici, eppure nulla è previsto per Arabia Saudita, Emirati Arabi, Turchia, Egitto, Pakistan, Afghanistan, Paesi d’origine degli attentatori che hanno colpito gli Stati Uniti negli ultimi anni. Risparmiati dal divieto, fanno notare alcuni osservatori, perché con questi il multimilionario neopresidente avrebbe stretti rapporti d’affari.

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