La volontà è ancora una volta quella di sparigliare le carte, stupire tutti. D’altronde, quello di Trump è un movimento e non un partito, come ha più volte sottolineato. I nomi che circolano, però, per la sua squadra di Governo, non sembrano rivoluzionari. Qui, nell’attico di tre piani della Trump Tower, si discute in queste ore a quella lista di 14 o 15 persone che, insieme al Presidente eletto, dovrebbe rendere l’America “great again”. A Mike Pence il compito di guidare la transizione da qui al 20 gennaio. Sale, dunque, il numero 2. Scende il governatore del New Jersey, Chris Christie. Si cerca qualcuno di più vicino a Washington e meno esposto a scandali. Per l’ex sindaco di New York, Rudy Giuliani, si parla della Giustizia. Sul suo tavolo potrebbe rispuntare, dunque, il dossier sull’e-mail gate di Hillary Clinton, qualora Trump ricambi idea e decida di dare seguito a quelle promesse di un procuratore speciale per continuare ad indagare sull’uso di un server privato da parte dell’ex Segretario di Stato. Agli Interni potrebbe andare il super conservatore David Clarke, sceriffo afroamericano di New York, uomo perfetto, secondo Trump, per ristabilire il law and order. Per il dicastero del Tesoro, l’identikit è quello di grandi banchieri o politici che, come il Tycoon newyorchese, sosterrebbero la deregulation finanziaria. Tra le tante indiscrezioni, rispunta anche il nome di Sarah Palin, ex governatore dell’Alaska: a lei potrebbe andare l’Ambiente. Non c’è ancora un ruolo definito per i familiari di Trump, in prima battuta i suoi prediletti Eric, Ivanka e il genero Jared Kushner, ma sicuramente avranno un peso importante nella gestione del potere del Presidente eletto, già a partire dalle nomine.