Il Presidente ucraino Volodomyr Zelensky ha definito l'assedio di Mariupol un crimine di guerra. Nella città costiera ucraina, porto strategico che garantisce il controllo del Mar d'Azov, si combatte ormai strada per strada, manca tutto -cibo, acqua, riscaldamento- e i bombardamenti russi rendono incredibilmente rischiosa la fuga dei civili. Uno degli ultimi attacchi, secondo le autorità locali, avrebbe colpito una scuola d'arte, rifugio per oltre 400 persone. Questa donna dice che Mariupol non c'è più. Lei è riuscita a scappare verso Ovest, a trovare assistenza assieme a migliaia di altre persone nella città di Zaporizhia, dove si trova la centrale nucleare le cui sorti destano preoccupazioni in Europa. Altri non hanno avuto la stessa fortuna. Secondo quanto riferito su Telegram da responsabili municipali di Mariupol, l'esercito russo nelle scorse ore avrebbe impedito a un convoglio diretto in città per evacuare i residenti di entrare in quel che resta del centro abitato. Si tratta di informazioni impossibili da verificare indipendentemente, perché i duri combattimenti non permettono alla stampa internazionale d'essere presente sul luogo. Nelle scorse ore, migliaia di persone sono riuscite a lasciare la città attraverso alcuni corridoi umanitari e a muoversi anche verso Est, verso le Regioni contese del Donbass, al confine con la Russia, oltre il quale Mosca ha preparato campi di tende per ospitare i rifugiati. Come questo. Proprio quello che accade a Oriente preoccupa però le autorità comunali di Mariupol che, come ha ripotato il Kyiv Independent, un media locale, avrebbero sollevato inquietudini, denunciando Mosca di aver obbligato, senza dare scelta, migliaia di cittadini ucraini a sconfinare in Russia.