Ucraina, la rivoluzione geopolitica della crisi

22 ago 2022
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Se, secondo la teoria del caos, un battito d'ali di farfalla è in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo, per apprezzare l'esatta magnitudine dello tsunami provocato dall'aggressione russa in Ucraina ci vorrà tempo. Ma in sei mesi gli scossoni geopolitici sono già stati enormi. In un clima di rinnovata guerra fredda, l'Alleanza Atlantica si è ritrovata a ripensare il proprio budget e i propri confini con un impegno preso da diversi stati membri ad alzare la spesa per la difesa e, con la Svezia e la Finlandia, deciso di abbandonare la loro neutralità e a far parte della Nato il prima possibile. E poco interessa se questo ha comportato piegare la testa davanti alle richieste della Turchia di consegnare presunti terroristi curdi in esilio e chiudere entrambi gli occhi rispetto alle operazioni anti-curde del Paese della mezzaluna in Siria. La nazione che ha il secondo esercito più grande della NATO e che fornisce micidiali droni Bayraktar all'Ucraina continua i suoi traffici commerciali con la Russia e accoglie i suoi capitali, ritagliandosi un ruolo di mediatore che non ha rivali. Difficile prevedere quante e quali ambizioni del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan che punta a far sedere allo stesso tavolo, a Istanbul, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky e quello russo Vladimir Putin si realizzeranno ma intanto l'attività di mediazione della crisi ha portato un importante disgelo con Israele dopo anni difficilissimi. Sottile e delicato anche il ruolo della Cina, alleato della Russia con cruciali interessi commerciali in Europa e soprattutto in Africa, dove gli effetti del blocco del grano hanno creato ulteriori instabilità politica in diverse nazioni, senza contare dell'equazioni e parallelismi che si sono andati creando tra Kiev e Taipei con Pechino che ha incrementato la sua presenza militare nelle acque intorno a Taiwan e ha dato il via a robuste esercitazioni militari dopo la visita della speaker della Camera americana Nancy Pelosi sull'isola. In tutto questo l'Europa rischia di fare la parte del vaso di terracotta tra vasi di ferro, apre le porte per un possibile, per quanto lontano, ingresso di Ucraina e Georgia dentro i confini dell'Unione ma intanto fa i conti con l'inflazione, aggiorna l'elenco dei leader costretti al passo indietro o ridimensionati, mette da parte le urgenze ambientali a dispetto della siccità e delle ondate di calore, rispolvera il carbone per sfangare l'inverno ormai alle porte e stringe accordi con altri regimi del mondo per non dipendere più dal gas e petrolio del regime russo.

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