C’era una volta un programma, un piano che fissava il numero di rifugiati da ammettere ogni anno negli Stati Uniti. Un piano che per il 2017 calcolava la ricezione di 110.000 persone. Un tetto che aveva fissato l’ex Presidente Barack Obama, e che comprendeva africani, orientali, latino-americani e che adesso Donald Trump dimezza e fissa a 50.000. Creato dal Congresso americano nel 1980, aveva l’ambizione di accogliere le vittime dei conflitti. Sino ad oggi gli Stati Uniti hanno consentito l’accesso a 2,5 milioni di persone. Solo nell’anno 2016 sono entrati 85.000 rifugiati di tutte le nazionalità, 10.000 siriani. Una data è importantissima, negli Stati Uniti, un anno che segna il cambiamento nelle politiche di immigrazione e ingresso di persone. Nel 1965 vengono messi fuorilegge i filtri per le nazionalità. Trump si sta appellando ad una legge di tredici anni prima, del 1952, che dà al Presidente poteri speciali per chiudere le frontiere e decidere quali categorie risultano pericolose per la sicurezza nazionale. Si mosse così anche George W. Bush, dopo l’11 settembre 2001, decretando il blocco per tre mesi, giustificato da ragioni di sicurezza interna e come misura antiterrorismo. In queste ore, in molti ribattono alla linea di Trump, sfoderando numeri e statistiche sui morti negli States, come è la versione americana dell’Huffington Post dove, come si spiega in questo grafico, il numero di vittime negli ultimi quindici anni è quasi interamente attribuibile a cause diverse dal terrorismo islamico, che ha avuto il suo picco proprio con le Torri Gemelle. Poi nulla, rispetto alle uccisioni e alle violenze fra cittadini americani.