Duecentomila dollari per il biglietto, centoquindici giorni di viaggio e pronti a morire: se avete questi requisiti, fatevi pure avanti, Marte vi aspetta. Un tifo da stadio ha accolto Elon Musk alla presentazione del suo progetto di colonizzazione del Pianeta Rosso, grazie a SpaceX, azienda aerospaziale statunitense da lui fondata nel 2002, con oltre tremila dipendenti, che nelle intenzioni del patron di Tesla già nel 2017 dovrebbe portare i primi viaggiatori a bordo della stazione spaziale. Nel 2018 la prima navicella completamente automatizzata dovrebbe iniziare la ricognizione su Marte, per poi nel giro di dieci anni dare inizio alla colonizzazione. Molto ruota intorno a un potentissimo razzo spinto da quarantadue motori Raptor, realizzati tramite stampanti 3D, e a una navetta di cinquanta metri, in grado di ospitare fino a duecento astronauti. Il prezzo del biglietto potrebbe dimezzarsi dopo i primi lanci e il viaggio arrivare a sfiorare i soli ottanta giorni grazie all’avanzare della tecnologia, assicura Musk. Tutto facile? Per niente! I dubbi degli scienziati, soprattutto lato NASA, sono moltissimi e riguardano tutti gli aspetti del progetto. Primo fra tutti il viaggio di ritorno, che non rientrerebbe nei piani di Musk. Il solo vettore tornerebbe, infatti, sulla Terra, atterrando come un elicottero. La capsula rimarrebbe sul Pianeta Rosso, con i suoi occupanti, che in caso di ambiente ostile avrebbero ben poco da divertirsi. Le cose poi non sempre sono andate secondo i piani di Musk. Il 2 settembre è esploso sulla rampa di lancio della base NASA di Cape Canaveral il vettore Falcon 9 di SpaceX in fase di test. Se chi ben comincia è a metà dell’opera, per Elon Musk i problemi potrebbero essere solo all’inizio.