Un esempio su tutti, la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta al lager di Auschwitz, bersaglio di oltre 200 messaggi di odio al giorno sul web. Tra le sfide più importanti da affrontare nei giorni in cui la rete compie 50 anni c'è la lotta agli odiatori da tastiera, alle fake news, ai messaggi minatori. Un dibattito in pieno svolgimento anche in altri Stati d'Europa. Ci hanno provato in tanti, fino ad ora nessuno è riuscito a fermarli. E allora ci pensa il responsabile economico di Italia Viva, Luigi Marattin, a lanciare una proposta, a dire il vero già ipotizzata dal regista Gabriele Muccino, quella di un decreto che obblighi chiunque apra un profilo social a identificarsi la prima volta con un documento di identità. Questo non vuol dire che l'utente poi apparirà agli altri con il proprio nome e cognome, spiega Marattin, ma potrà ancora scegliersi un nickname, però, registrandosi con un documento ufficiale, diventa a tutti gli effetti rintracciabile e, in caso di reati, difficilmente riuscirà a nascondersi dietro l'anonimato. La proposta ha sollevato molte proteste non solo in seno al Governo. Basti pensare ai 5 Stelle, che sul blog hanno spiegato “con noi mai schedatura social”, ma anche tra tanti utenti, pensatori, giornalisti, esperti di digitale. Il deputato di Italia Viva insiste e va avanti nella speranza, parole sue, di ripulire il web, che ormai è diventato una fogna. Ma siamo sicuri che la proposta riuscirebbe davvero a ripulire la rete? Facciamo un po' d'ordine. Adesso in realtà tramite il tracciamento dell'indirizzo IP, cioè di un codice che identifica il computer o il cellulare da cui ci colleghiamo, è già possibile rintracciare un utente. Gli strumenti per individuare gli odiatori online esistono, insomma. E anche se spesso si passa da rogatorie internazionali lunghe e dispendiose, forse basterebbe applicarle in maniera un po' più severa. Come potrebbero giganti statunitensi come Facebook, Instagram, Twitter, solo per citare i più diffusi, richiedere solo agli utenti italiani di registrarsi con la carta di identità? Fornire i documenti, oltre ad essere una delicata questione di privacy, non potrebbe teoricamente permettere schedature in base alle opinioni o ai like? E poi, considerato che chi vuole nascondersi sa che esistono strumenti, in primis la VPN, per diventare praticamente invisibili sul web, che senso avrebbe andare a minare una delle caratteristiche principali del mondo digitale che ha contribuito a rendere la rete spesso anche uno spazio di libertà, cioè l'anonimato?.