13 febbraio 2022, un anno di governo Draghi

13 feb 2022
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"Sono un uomo, se volete un nonno, a servizio delle istituzioni". Chissà se la battuta era realmente spontanea, di sicuro resterà lo spartiacque di questo primo anno da premier. Quella conferenza di fine anno, in cui Mario Draghi si candida di fatto per il Quirinale, segna il prima e il dopo del suo mandato di unità nazionale, ma anche probabilmente del suo modo di essere Presidente del Consiglio. Un prima a metà tra decisionismo e mediazione tattica, con uno sguardo fisso sul Colle e la prospettiva di guidare il Paese per 7 anni. Un dopo tutto da decifrare, tra partiti allo sfascio, obiettivi non semplici da raggiungere, una scadenza certa nel 2023, campagna elettorale permettendo. Uno scenario molto diverso, da quando Draghi disse sì a Mattarella, per un impegno tanto matto quanto disperato: unire forze politiche che non hanno nulla in comune e insieme a loro mettere a terra il più grande piano di aiuti economici che l'Europa abbia mai concesso. In questi primi 12 mesi, la pandemia e la campagna vaccinale, hanno avuto il sopravvento, Draghi ha fatto Draghi, ha smantellato ciò che c'era prima, si è speso a Bruxelles con le farmaceutiche affinché ci fossero vaccini e contratti di fornitura rispettabili e da rispettare. Ha sbagliato poco o nulla, neppure quando giocando la carta del cosiddetto rischio calcolato, tra Green Pass e obbligo per gli over 50, ha riaperto il Paese senza più richiuderlo. Sono anche i mesi in cui il premier calca con forza la scena internazionale, con un G20 senza sbavature, organizzato a Roma in piena era Covid. Le monetine nella Fontana di Trevi, sembrano aver individuato il successore della Merkel in Europa e nel mondo. Poi arrivano politica e partiti. Il brusco stop a sogni ed ambizioni quirinalizie, dopo una tardiva quanto maldestra negoziazione, tra appartamenti di via Veneto ed inusuali foresterie. Tutt'altra musica, compreso quella degli applausi che i parlamentari gli riservano, blindandolo nell'indispensabile ruolo di premier, per bloccare la sua corsa da Presidente della Repubblica. Se Draghi tornerà a fare Draghi lo vedremo presto. Dalla capacità di superare i ritardi del PNRR, sui quali si era chiuso un occhio. Dalla capacità di far passare provvedimenti divisivi come fisco, pensioni e concorrenza. Dalla capacità di recuperare un ruolo all'estero, facendo sentire la propria voce sul patto di stabilità da riformare e la crisi in Ucraina. Se Macron e Scholtz volano tra Mosca e Washington, Draghi non si può fermare tra Genova e Catania e per riuscirvi non dovrà fare sconti a nessuno, ancor meno a sè stesso.

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