Un terzo decreto per l'invio di armi a Kiev è pronto atteso certo, ma che di sicuro innesca nuove polemiche nella maggioranza. La data da cerchiare in rosso è quella di giovedì 19, quando il Premier Draghi, prima a Palazzo Madama poi a Montecitorio terrà l'informativa sulla situazione in Ucraina e presumibilmente sull'esito della missione negli Stati Uniti. Il dibattito si preannuncia incandescente viste le premesse, le dichiarazioni e soprattutto le posizioni dei leader. Il più determinato resta Giuseppe Conte contrario all'invio di armi, dopo che sarà adottato il terzo decreto riteniamo che l'Italia debba concentrarsi sulla soluzione diplomatica, dice: "Nessuno ci può imputare e ci può obbligare, chiedere di stare in silenzio. Noi siamo la forza di maggioranza relativa ed è normale che la forza di maggioranza relativa chieda un dibattito, voglia dare un indirizzo politico." L'ex Premier si era anche spinto nel dire che, di fronte a uno scenario di guerra imprevisto, il Governo non aveva un effettivo mandato politico, mandato da ricercare in aula attraverso un voto, ma il voto non ci sarà come ha spiegato il Presidente della Camera Fico perché si tratta tecnicamente di un'informativa e non di comunicazioni, ma potrebbe esserci, è l'auspicio dei pentastellati e forse non solo più in avanti quando il Premier riferirà in occasione del prossimo Consiglio Europeo, ma la situazione a quel punto potrebbe essere diversa. Di sicuro il dibattito è aperto anche all'interno degli stessi partiti e nelle coalizioni. A sinistra Enrico Letta non fa mistero di sposare appieno la linea Draghi, anzi dopo l'appello all'unità della maggioranza, vede un Draghi che ha preso per mano l'Europa. Tagliente la replica della Lega, finalmente anche lui parla di pace. Nel Carroccio però, accanto a Salvini, sempre su posizioni contrarie al sostegno bellico a Kiev, c'è il Ministro Giorgetti che sottolinea la storia insegna che le parole non sempre bastano.