Quelle dei 14 mesi di combattimenti da poco conclusi, sono le immagini di una Libia ancora divisa politicamente e geograficamente. Da una parte c'è l'est del generale Haftar, leader di un autoproclamato esercito nazionale libico, dall'altra l'ovest del Governo di Tripoli, guidato dal premier Sarraj, sostenuto dalle Nazioni Unite e dall'Italia. A cambiare, però le sorti, di oltre un anno di conflitto, in cui la campagna militare di Haftar ha minacciato Tripoli, è stato un altro alleato, la Turchia, che ha appoggiato a livello militare il Governo di Serraj e ribaltato la situazione sul campo. Le truppe dell'est sono state respinte, indebolendo così anche la posizione in Libia degli sponsor stranieri di Haftar, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Russia. L'Italia torna attiva sulla scena libica in queste ore, con i militari della missione bilaterali di assistenza e supporto che saranno protagonisti di una attività umanitaria di sminamento. Le milizie di Haftar, ritirandosi da Tripoli, hanno infatti abbandonato in aree residenziali ordigni esplosivi che ora minacciano i civili. Nel giorno in cui il Ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, avrebbe dovuto incontrare il suo omologo ad Ankara, una delegazione turca ha visitato Tripoli per discutere il cessate il fuoco, ma anche rafforzare la cooperazione militare ed energetica. Il viaggio del ministro in Turchia è stato, per questo, rinviato a venerdì. La crisi, in Libia, è stata poi al centro dell'incontro con i responsabili della diplomazia turca. La nostra priorità, ha detto Di Maio ad Ankara, è quella di mettere la parola fine al conflitto in Libia: “Vogliamo un cessate il fuoco sostenibile”.