Inchiesta camici, Fontana: rispondo a falsità

27 lug 2020
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Si trasforma in una pubblica difesa l'intervento davanti al Consiglio regionale lombardo del Presidente Attilio Fontana, indagato per frode in pubbliche forniture dalla procura di Milano per quella partita di camici da 513mila euro acquistati dalla Regione Lombardia da Dama SpA, società del cognato del governatore in piena emergenza Corid e solo in un secondo momento, trasformata in donazione. Una donazione che tra l'altro non sarebbe stata formalizzata da alcuna delibera regionale. Non posso tollerare si dubiti della mia integrità, dice Fontana, ricostruendo le fasi della vicenda. Sapevo che il Dama si era dichiarata disponibile a rendersi utile ad offrire un contributo per rispondere all'emergenza Covid. Lo aveva già fatto in precedenti occasioni, ed anche la fornitura dei camici rientrava per me, nell'ambito di tale disponibilità. Valuteremo se farci sentire dai pubblici ministeri a settembre ha detto il legale del Presidente della Regione Lombardia, dopo aver incontrato i magistrati per uno scambio di vedute sull'inchiesta in cui sono indagati anche Andrea Dini, titolare di Dama SpA e cognato del governatore e l'ex direttore generale di Aria Spa la centrale acquisti della regione da cui partì l'ordine di acquisto dei 75mila camici di cui però ne furono effettivamente donati, poco meno di cinquantamila. L'ipotesi di reato di frode in pubbliche forniture, sia come dire, una sorta di ipotesi, fissata sul fatto della fornitura non esaurita. Il concetto di frode mi sfugge, ma anche loro praticamente non è che hanno delle certezze dal punto di vista della configurazione. Sotto la lente d'ingrandimento dei magistrati ci sono le tempistiche con cui quell'acquisto fu trasformato in donazione e anche quel tentato bonifico da 250mila euro che il 19 Maggio Fontana fece al cognato a titolo risarcitorio probabilmente da un suo conto svizzero lecito dal 2015, sul quale il governatore aveva 5,3 milioni ereditati dalla madre detenuti dal 2005 da un trust alle Bahamas. Bonifico che però fu bloccato dallo stesso Fontana, dopo che il movimento era stato segnalato come sospetto alla Banca d'Italia per via dei protocolli anti riciclaggio.

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