Le aveva annunciate per ieri. Con qualche ora di ritardo, alla fine, le dimissioni di Minzolini da senatore sono arrivate. “Questa mattina ho presentato la lettera alla Presidenza del Senato” ha annunciato il parlamentare di Forza Italia “perché sono una persona seria e non prendo lezioni da altri”. Il caso, dunque, segna un nuovo passaggio dopo la violenta polemica seguita alla mancata decadenza votata dall’Aula dieci giorni fa. Tutto nasce dalla condanna dell’ex direttore del TG Uno a due anni e mezzo per peculato. In ballo l’uso della carta di credito aziendale quando era nella tv pubblica. A salvarlo dagli effetti della legge Severino furono anche i voti di una parte del Pd, cosa che fece insorgere i Cinque Stelle. Poi, lo stesso Renzi ha chiarito che lui avrebbe votato per la decadenza di Minzolini, che ora si dimette alla vigilia dell’udienza sull’affidamento ai servizi sociali. Resta l’interdizione dai pubblici uffici. Non è chiaro se scatti subito. Secondo il Presidente dell’ANM Davigo, il Senato avrebbe il dovere di dichiarare decaduto l’esponente azzurro. Di sicuro c’è che le dimissioni, come sempre, non sono automatiche. Deve votare l’Aula di Palazzo Madama a scrutinio segreto. Statistiche alla mano, gli addii vengono respinti molto spesso, quasi sempre, quando si è al primo tentativo, tanto più nel nuovo clima delle ultime settimane. Come ha dimostrato proprio il voto sulla mancata decadenza di Minzolini, la politica, in buona parte, si sente meno vincolata alle indicazioni del mondo giudiziario.