In Parlamento ancora tutto tace. Quello sulla legge elettorale è un dibattito che per ora occupa solo le piazze e le sale convegni, con i partiti impegnati piuttosto a sfogliare il calendario per individuare una possibile data per il voto. Giugno è il mese più gettonato ed è, comunque, il termine massimo per il PD renziano. L’ha detto chiaro a Rimini Matteo Orfini. Lo ripete oggi il Capogruppo alla Camera, Ettore Rosato. C’è tempo fino a fine marzo per provare a fare la nuova legge elettorale, così si potranno sciogliere le Camere e tornare al voto a giugno. “Troppa fretta di andare alle urne”, replica la minoranza PD, da Roberto Speranza a Gianni Cuperlo, con Massimo D’Alema che, nel caso, evoca la scissione e il governatore pugliese, Michele Emiliano, che reclama il congresso, pronto ad arrivare alle carte bollate. “Il PD ha le sue regole. Il Congresso ha le sue regole. Noi siamo interessati piuttosto a occuparci dei problemi degli italiani”. “Questo è il compito che ha il Parlamento oggi, non occuparsi di dibattiti interni ai partiti”. La direzione, convocata per il 13 febbraio, potrebbe preparare l’ennesima resa dei conti. Anche l’altra metà del campo è spaccata. La manifestazione di sabato a Roma viene considerata l’alba di un nuovo centrodestra e il sistema elettorale com’è induce i partiti a mettersi assieme. “È ricominciato il dialogo. Io sono molto contento che ci sia questa convergenza su questa strategia. Il centrodestra unito di Governo”. Pure qui, è la tempistica del voto a creare divergenze. Per Forza Italia, il Parlamento deve mettere mano alla nuova legge elettorale, appena note le motivazioni della sentenza della Consulta. Per Giorgia Meloni, che chiede il voto subito, come Matteo Salvini e pure il Movimento 5 Stelle, è solo un modo per prendere tempo. “Se fosse stato possibile un accordo” ragiona la leader di Fratelli d’Italia “l’avremmo già fatto. Con la scusa della legge elettorale si vuole mandare avanti la legislatura”.