Non poteva che essere dedicata al recovery plan una parte fondamentale del discorso con cui Draghi ha esposto il suo programma al Senato, nel ricordare la scadenza sempre più ravvicinata, quel 30 aprile, entro il quale l'Italia deve presentare il suo piano per avere gli aiuti europei, il premier ha chiarito uno dei punti finora mancanti, la cosiddetta governance, la struttura che dovrà gestire l'attuazione del piano, verificare il rispetto dei tempi e degli obiettivi, farà capo al Ministero dell'economia con la strettissima collaborazione dei ministeri competenti per i vari settori affidati quasi tutti a ministri tecnici. Il Parlamento, ha aggiunto Draghi, verrà costantemente informato. Si tratta di ottenere dall'Europa, ha ricordato ancora il premier, 210 miliardi, di questi solo circa 80 miliardi sono sussidi, la cosiddetta quota a fondo perduto per il resto si tratta di soldi in prestito e Draghi ha aperto alla possibilità che l'Italia possa rimodulare l'ammontare che le spetterebbe in base agli obiettivi dei conti pubblici. Per il resto il lavoro fatto dal precedente Governo non sarà smantellato, gli obiettivi rimangono quelli già indicati, a partire da ambiente, digitale, ricerca, istruzione e equità sociale e di genere, sanità. Il lavoro già fatto verrà però dettagliato e rafforzato con scadenze precise fino al 2026, delineando impegni anche per gli anni successivi, con il coinvolgimento del terzo settore e dei privati. Inoltre saranno aggiunte le riforme che l'Europa chiede che oggi ancora non sono delineate a partire dal fisco, l'obiettivo, da affidare a una commissione di esperti è ridurre il carico fiscale, mantenendo la progressività delle imposte sul reddito e combattendo l'evasione. Tra le altre riforme richieste da Bruxelles, quella della pubblica amministrazione da rendere più moderna e digitale e quella della giustizia che dovrà essere più efficiente.