“Ci vogliono due uomini per fare un fratello”. È questa la frase che Enrico Vanzina ha scelto per l'inizio del suo libro interamente dedicata a Carlo. Un rapporto simbiotico, una vita passata insieme. Sono stati - e in un certo senso lo sono ancora - inseparabili. “E' stato molto, molto doloroso scriverlo. Poi è stato anche terapeutico. Probabilmente Carlo mi ha chiamato da lassù e mi ha detto: scrivilo perché ne esci un po' con la testa. Vorrei che questo libro, che è un libro molto duro, molto cruento anche, talvolta, molto doloroso, molto commovente, venga letto anche come un grande libro di speranza”. “Non mi piace molto, non sarebbe piaciuta neanche a lui l'idea che ancora molta gente mi guarda con un senso un po' di compassione. Le morti avvengono in tutte le famiglie, le morti avvengono ovunque. Non hanno ceto sociale, non hanno mestiere, colpiscono secondo una logica che a noi sfugge”. “Il rapporto tra i fratelli era veramente molto stretto, incredibilmente pieno di confidenza, di complicità. Erano quasi due amici, due amici del cuore, che è ancora più dell'essere fratelli”. “E' un libro un po' speciale, che ha un'energia molto particolare. E' una grande storia d'amore tra due fratelli”. “Lui pensava che tutto si può addolcire, che si può rendere più gradevole, si può rendere più umano attraverso la leggerezza, senza mai drammatizzare le cose. Abbiamo avuto qualche screzio nella vita privata, a un certo punto della mia vita ho avuto una piccola sbandata per una persone e lui si era infuriato, diceva che non andava bene, si schierò totalmente dalla parte di mia moglie, diceva che diventavo 'pesante' così, proprio”.