Ucraina, nazionale nuoto sincronizzato è a Roma

08 mar 2022
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Sventolano queste bandiere sul Centro federale di Ostia in un 8 marzo certamente speciale per dieci campionesse della nazionale ucraina e due loro allenatrici. Non tutte hanno il costume in valigia, perché nello scappare dalla guerra le priorità erano altre, al loro arrivo ci sono abbracci, sorrisi e tanta commozione oltre ai mazzi di mimose. Sono arrivate con mezzi messi a disposizione dalla Federnuoto che ha organizzato da loro fuga. Per alcuni il viaggio è durato tre giorni, quattro sono minorenni e hanno dovuto salutare i genitori e affetti nella loro patria che ora proveranno a onorare rappresentando al meglio l'Ucraina anche se tornare a competere, come dice l'allenatrice, non è semplice. E nel giorno in cui i russi hanno bombardato la piscina di Kiev, loro a fatica sono tornate in vasca in Italia, attendono sette loro compagne e tre nuotatrici che non sono ancora riuscite a oltrepassare il confine, di due al momento si sono perse le tracce ma la Federazione è al lavoro per provare a portarle qui, dove verranno ospitate in questa, che per dieci atlete, è appena diventata una nuova casa. "Noi siamo contenti di avere dato un po' di sollievo a queste campionesse, una squadra che è medagliata olimpica, ragazze che comunque stanno vivendo un dramma nel loro Paese." Nuotatori e campioni maschi e maggiorenni non potranno accogliere l'invito perché devono restare in Ucraina pronti a rispondere alla chiamata della resistenza armata, ma anche il sottosegretario Valentina Vezzali si augura che presto anche in altri sport si possano accogliere altre campionesse ucraine, perché lo sport italiano è compatto e tosto, come tutte le donne. "Ogni donna dentro di sé ha davvero una grande forza che può trascinare tutte le altre donne a imitarne l'esempio." Unite, come unisce lo sport. La nazionale italiana rincorreva proprio le ucraine, terza potenza mondiale in questo sport ma vogliono farla alla pari dando l'opportunità alle rivali di allenarsi al meglio, al costo di farsi battere ancora perché questa non è una guerra, ma una storia di umanità e accoglienza.

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