La risposta di Mondovì alla scritta antisemita comparsa sulla porta di casa di Lidia Rolfi, staffetta partigiana testimone dell'Olocausto, non fa rumore, ma illumina e marcia. In tremila nel Giorno della Memoria partecipano ad una fiaccolata per dimostrare che la comunità monregalese sa da che parte stare. “Era questa la risposta che mi aspettavo ed è stata una risposta veramente significativa”. Bambini, anziani, ragazzi, sindaci, ci sono tutti a marciare e ci sono anche i partigiani dell'Anpi, a cui quel “Juden hier”, “qui c'è un ebreo”, sfregiato sulla porta, ha fatto ancora più male. “Sono esterrefatto e sono anche contento perché ci sono molti giovani. Questo vuol dire che il sacrificio di tante persone non è stato così vano”. “Vengo da tempi che hanno vissuto queste cose, quindi ricordo sia Lidia Rolfi sia la Mondovì di allora, e quindi lo sento proprio come uno sfregio grosso alla mia città”. Arrivati nei pressi della casa in cui ha vissuto Lidia Rolfi suo nipote Paolo legge un passo de “Le donne di Ravensbruck”, il primo libro che sua nonna ha scritto per raccontare l'orrore del campo di concentramento. Tredici mesi in cui è riuscita a sopravvivere anche grazie all'aiuto di un'altra prigioniera francese. “Incomincio a capire che Monique ha ragione quando dice che bisogna lavorare il minimo indispensabile per non farci rinviare al campo grande, ma proprio soltanto il minimo, e non di più, e non solo per risparmiare le nostre forze, ma anche per le altre, per quelle che non sono più in grado di reggere i ritmi”. “Il primo pensiero è quanta gente. Non me l'aspettavano e non me l'immaginavo, però mamma direi che merita questo. Tanto io la vedo lassù che si fa delle grasse risate. Lei aveva questo carattere”.