È una polemica che nasce e muore nel giro di poche ore, e inizia con un’accusa non da poco: “L’Italia è violenta con i migranti. In alcuni casi, ha fatto ricorso a pratiche assimilabili alla tortura per ottenere le impronte digitali”. È Amnesty International a sostenerlo in un rapporto stilato sulla base di 170 interviste ad altrettanti migranti. A parlare è Matteo de Bellis, il coordinatore del rapporto: “Ma come? L’Europa non ci accusava di essere troppo morbidi?”. L’associazione per i diritti umani segnala, in particolare, pestaggi di migranti che non volevano farsi prendere le impronte ed espulsioni verso i Paesi le cui autorità hanno commesso terribili atrocità, dice, come il caso del Sudan. Immediata la risposta del Viminale che, attraverso il prefetto Morcone, rimanda al mittente le accuse, definendole “false cretinaggini”. “Amnesty” aggiunge “costruisce i suoi rapporti a Londra, non in Italia”. A smentire il rapporto è anche il prefetto Gabrielli: “Mai metodi violenti negli hotspot italiani”. La polemica, però, prosegue. Interviene e chiude l’Unione Europea: “Alla Commissione non risulta che negli hotspot italiani si sia verificata alcuna delle violazioni dei diritti fondamentali dei migranti, come denunciato, invece, dal rapporto di Amnesty International”.